"A rutta e ciauli"

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"A rutta e ciauli"

Golfo di Noto
Pubblicato da Duccio DI STEFANO in Miti e leggende · 27 Ottobre 2020
Tags: mitoleggendaSiracusagrotte
Chi può esattamente individuare quel punto di demarcazione, quel preciso istante cioè dove un varco invisibile e seducente ci fa abbandonare il reale per condurci tra i sentieri del Mito? Chi è davvero sicuro di saper riconoscere quel crocevia dove l’episodio di autentica cronaca che si perde nella notte dei tempi lascia spazio alla leggenda popolare che, giunta fino a noi, ancora si tramanda travestita di fantasia e di magia a tal punto che sembra assolutamente incredibile?
Siracusa possiede davvero una ricchezza straordinaria di tali esempi, che nel corso dei secoli hanno conquistato a tutti gli effetti quella dignità per essere riconosciuti ed insigniti a mito universale. Alcuni, come quello di Ciane e Anapo, quello di Alfeo e Aretusa e quello dell’orecchio di Dionisio, fanno oramai parte della letteratura fantastica di ogni tempo e di ogni conoscenza.
Ma ce ne sono tanti altri, più o meno noti, che meritano di essere rinverditi, ricordati, e di rimanere degnamente radicati nella memoria storica del nostro territorio, di cui costituiscono oramai un patrimonio irrinunciabile perché accrescono enormemente la suggestione e la magia degli già straordinari e numerosi angoli paesaggistici e storici della città che fu di Archimede. Perché questa città si è davvero sempre legata in modo indissolubile a vicende incredibili ma quasi vere, a storie mitologiche ma forse davvero avvenute, ad eventi verosimili ma contornati da leggende… Insomma l’immaginario collettivo del siracusano è sempre stato florido di storie “ttraggiriuse”, che evidentemente devono piacer molto a chi è nato e vissuto in questa magnifica città!
Una di queste, tra le più suggestive, è quella che racconta la tragica storia legata ad una delle numerose grotte che la costa siracusana,  quel costone di pietra arenaria - meglio conosciuta in gergo come petra giuggiulena - disegna man mano che si sposta a nord partendo dallo sbarcadero, e cioè dal porto piccolo, e proseguendo per tutta la Riviera Dionisio il Grande, strada che i siracusani chiamano comunemente A via Arsinali. Mi riferisco alla tanto celebrata rutta è ciauli.



In realtà, a chi vi si affaccia dal mare, potrà notare che in quel tratto di costa le grotte sono tre, ma la leggenda si riferisce solamente a quella centrale, quella denominata appunto “ re ciauli”, e cioè delle taccole, o - come le si chiamano da queste parti – delle carcarazze, ossia quell’uccello nero appartenente alla famiglia delle cornacchie che solitamente ancora oggi vengono a nidificare ed a svernare proprio in quella grotta. Queste antiche cave di pietra, risalenti addirittura al periodo greco, si snodano come veri e propri labirinti sotterranei e il piano di calpestio è  pressoché sconnesso. Addirittura c’è chi si spinge a dire che quella grotta si congiungeva con le numerose catacombe circostanti , cioè quelle di Santa Lucia, quelle di San Giovanni e quelle di Vigna Cassia. Sicuramente alcune fonti storiche dimostrano altresì che durante le persecuzioni dei cristiani da parte dei Romani, questi avessero avuto la possibilità di porsi in salvo fuggendo dalle catacombe e raggiungendo il mare attraverso questo sbocco di salvezza. Fatto sta che, ancora oggi, nonostante le numerose frane, la grotta penetra profondamente all’interno e vi si possono notare diversi lucernari o prese d’aria che in qualche modo potevano illuminare il lunghissimo percorso sotterraneo. Tanti sono quindi i racconti legati ad uomini coraggiosi che varcando la soglia di quell’antro non hanno poi più fatto ritorno. Anche i ragazzi che facevano i bagni lì a mare, 'a rutta ciauli, tentavano d'addentrarsi e per non rimanere imprigionati portavano tanti "fili d'Arianna" che ancora oggi si possono notare, testimoni di tentativi di vedere dove portassero quei cunicoli. Ma a cosa si riferisce dunque quell’alone funesto che è associato a questa grotta?

Si dice che in un non precisato giorno, un’intera scolaresca, il cui maestro volle condurre i suoi alunni a visitare questo cunicolo, ebbe l’imprudenza di avventurarvisi all’interno senza usare i dovuti accorgimenti, che sono obbligatori quando si entra in un autentico labirinto qual è quella grotta, col risultato che di loro non vi fu più traccia! Probabilmente quel maestro non conosceva la leggenda di Teseo che, con l’aiuto di Arianna che gli prestò il filo, lo stese lungo tutto il suo cammino riuscendo a non finire in pasto al Minotauro, e dopo averlo ucciso tornò così a rivedere il sole. Così, da allora, quelli che sembrano uccelli non sono Ciauli, ma diauli, cioè fantasmi che se vi entri ti portano dritti all’Inferno!
Oggi però questo luogo, reso funereo da questa leggenda, che racconta appunto di una tragica fine fatta da un’intera scolaresca inghiottita con tutto il maestro da quelle misteriose e profondissime fauci, è stato per così dire addolcito prima da un celebre ristorante, che dall’alto appunto di quella grotta fa capolino coi suoi tavoli su una costa dalla quale si può godere di quello scenario indescrivibile che è l’isola di Ortigia, e poi successivamente anche da un locale che montando dei solarium proprio davanti a rutta è ciauli, ha trasformato quel tratto di roccia in un lido nelle ore diurne e in un elegante lounge bar in quelle notturne.



Forse i nostri avi, affascinati dai cantori di antichi miti e leggende, volevano arricchire di fascino e impreziosire di mistero quanto di più fantastico poteva e possa ancora esistere, e cioè la nostra lunga costa che placida si distende lungo uno dei luoghi più incantevoli dell’intero creato, e cioè quel versante del Mediterraneo che dalle coste joniche della Sicilia ci accompagna dolcemente sino alle rive delle isole greche, corrispondente da sempre all’ombelico del mondo!!..




Duccio DI STEFANO


Duccio Di Stefano nasce a Siracusa, il 04/04/1969. Sposato con Ivana e padre di Bianca e Susanna, vive a Siracusa dove insieme alla moglie produce e commercializza manufatti di maioliche artistiche decorate a mano. Da sempre appassionato degli scrittori"carnali", di origine Mediterranea e latina in generale, scrive soprattutto poesia e prosa legata alle sue origini e alle tipicità del suo territorio. Inizia scrivendo per testate giornalistiche e gruppi editoriali locali, pubblica poi poesie e racconti su alcune antologie edite dalla collana Riflessi prima e dal Concorso Letterario Internazionale Inchiostro e Anima poi. Grande tifoso della squadra di calcio della sua città, il Siracusa, presta la sua collaborazione al quindicinale siracusano LA CIVETTA di Minerva, nella quale cura la redazione sportiva ma sovente vi scrive pure di temi sociali, di integrazione e delle problematiche del suo quartiere, la Borgata. Nell'aprile del 2018 pubblica il suo primo romanzo, Angelo di Pietra, edito dalla Carthago Edizioni, che è stato presente al Salone del libro di Torino dello stesso anno e successivamente gli fa attribuire svariati premi, portandolo su e giù per l'Italia per le relative presentazioni e mostre letterarie.




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